Anime attrici e note poetiche

Non sapevo dove inserire questo post, se nella categoria Pentagramma o in quella del Teatro, ma poi qua si parla anche di Poesia e non solo di Teatro e di Musica… e allora che fare?… Ho riflettuto e visto che ciò di cui parlo effettivamente fa riflettere, ho deciso che questo post avrebbe fatto parte delle Riflessioni.

 

Di cosa parla questo post? Di una cosa che mi è tornata in mente, un evento al quale ho assistito un po’ di tempo fa, quando sono stata spettatrice di uno spettacolo teatrale diverso dal solito, dove corpi di attori e attrici hanno ridato vita e soprattutto voce alle anime dei defunti di Spoon River. Questa sorta di resurrezione è avvenuta altrove, domenica 12 novembre 2006 fra le tombe del Cimitero Monumentale della Misericordia di Santa Maria all’Antella, pochi km a sud di Firenze, dove 37 attori toscani hanno recitato alcune delle storie tratte dall’Antologia di Spoon River del poeta americano Edgar Lee Masters (1868-1950).

 

Fra il 1914 e il 1915 furono pubblicate sul «Mirror» e nel 1916 furono raccolte in una versione definitiva. La Collina è la prima lirica che introduce poi i 244 personaggi  appartenenti a varie categorie, mestieri e ceti sociali, che trasformano le loro vite passate in epitaffi poetici raccontati con la sincerità di chi ormai non ha più nulla da perdere.

 

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Dalla raccolta tradotta in italiano nel 1943 dalla giornalista e scrittrice Fernanda Pivano, affascinata dall’Antologia ricevuta in versione originale da Cesare Pavese, suo professore di liceo, il cantautore Fabrizio De André nel 1971 ha tratto 9 poesie per farne un album musicale intitolato Non al denaro, non all’amore né al cielo.

 

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Confesso che non lo conoscevo bene, ma ho trovato il video di ogni singola canzone su YouTube ed ho scoperto un album davvero stupendo! Meglio tardi che mai. Ascoltarne musica e testo merita davvero e potete farlo cliccando su ogni titolo che vi elencherò qua di seguito:

 

La collina è il brano introduttivo dell’album, così come nel testo di Lee Masters è la prima lirica.

 

Un matto è la storia di un uomo che nel testo originale impara a memoria tutta l’Enciclopedia Britannica, mentre nella versione di De André impara la Treccani.

 

Un giudice è la storia di un nano che studiando giurisprudenza diventa giudice e finalmente si vendica condannando coloro che in passato lo hanno deriso, ma inginocchiandosi alla fine non conoscendo affatto la statura di Dio.

 

Questi sono invece alcuni versi di Un blasfemo: Mi arrestarono un giorno per le donne e il vino / non avevano leggi per punire un blasfemo / non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte / mi cercarono l’anima a forza di botte.

 

Un malato di cuore è la storia di un malato di cuore la cui anima prese il volo per la troppa emozione del primo bacio d’amore.

 

Un medico è la storia di un dottore che vuol curare la gente povera mentre Un chimico racconta di un farmacista che ama le unioni fra elementi chimici preferendole a quelle fra uomini e donne, e morirà sbagliando un esperimento proprio come gli idioti che muoion d’amore.

 

La storia di Un ottico, che sogna degli occhiali che riescano a cambiare la visione del mondo, diventa la metafora di uno spacciatore di droghe allucinogene.

 

E infine Fabrizio canta la storia de Il suonatore Jones che nel libro è un violinista e nella canzone è un flautista, con tanti ricordi e nessun rimpianto.

 

Ascoltare queste parole e queste note riempie di poesia l’anima… ma a proposito di anime torniamo a quel novembre 2006 che volevo raccontarvi. Gli attori e le attrici erano sparsi fra le tombe, i vialetti, le cappelle, le lapidi del cimitero che quell’anno ha celebrato il suo 150° anniversario e che ospita fra i defunti anche personaggi noti, e hanno interpretato oltre ai personaggi cantati da Fabrizio De André, anche la prostituta, la ballerina, il filosofo, la poetessa e molti altri, dando vita a un percorso, un viaggio attraverso le loro vite vissute, sussurrate con emozione, amore, gioia o malinconia, o urlate con rabbia, odio, amarezza e dolore. Riflessioni di ombre che emergono per un attimo dalla loro evanescenza e, in bilico fra lucidità e follia, poi vi ritornano.

 

La recitazione delle brevi liriche si è svolta a ripetizione per circa due ore durante le quali il pubblico piuttosto numeroso si spostava in gruppetti per assistere via via a tutte le varie interpretazioni che incontrava pellegrinando all’interno del cimitero ed ammirandone l’architettura e le opere scultoree e pittoriche, specie nella parte più antica. Niente consueto silenzio quel pomeriggio, ma un sovrapporsi di voci di attori, personaggi, anime, o semplicemente ricordi sonori anziché solo pensati. La ripetitività delle recite pareva quasi un susseguirsi di preghiere fra le tombe.

 

Dato il tema della rappresentazione e la compostezza da me riscontrata sia negli attori che nel pubblico che ho via via incontrato durante il cammino, non ho trovato fuori luogo l’evento, ma anzi mi ha colpita positivamente e coinvolta in maniera particolare, forse molto più di una silenziosa o solitaria riflessione… meditazione… preghiera?… non so… so solo che ogni tanto, qualsiasi cosa sia, mi riguarda quando, proprio in quel cimitero, torno a trovare i miei genitori persi un po’ troppo presto.

 

Le ultime rappresentazioni sono avvenute al tramonto, un tramonto rosa fra i cipressi, e poi fra centinaia di piccole luci perpetue che nel buio ravvivano la propria luminosità. Molta vita dunque, poesia ovunque, movimento e calore umano, suoni di voci teatrali e di passi in quel luogo di consueto silenzio. Secondo me l’ambientazione era perfetta e ritengo sia un bel modo di fare poesia e teatro, diverso dal solito, e anche una maniera inconsueta per ricordare i defunti, chi con la preghiera o la fede, chi col ricordo e la memoria, chi con entrambe le cose e chi in un modo tutto suo, intimamente inedito e personale.

 

La rappresentazione era stata naturalmente autorizzata, ma nei giorni seguenti le opinioni si sono divise e sui quotidiani locali sono apparse recensioni positive, ma anche critiche di qualche visitatore ignaro che è rimasto spiacevolmente sorpreso da quell’evento. Qualcuno ha addirittura parlato di profanazione e di comportamenti assai fuori luogo da parte del pubblico. Personalmente non ho assistito a niente di simile, ma nonostante l’atmosfera particolare non ero certamente onnipresente, dunque qualche atteggiamento inopportuno, immancabile in ogni contesto della vita, può anche essersi verificato senza molto rispetto del luogo. Ma da condannare è solo questo tipo di comportamento del singolo o di pochi e non certamente la rappresentazione teatrale della compagnia Archetipo del Teatro Comunale dell’Antella, che a mio avviso sarebbe sicuramente da ripetere anche altrove per un pubblico intelligente, corretto e motivato, capace di dare il giusto significato e valore a simili eventi.

 

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29 giorni online

Un bisestile BAZAR di febbraio è online con mille cose interessanti da leggere come tutti i mesi e qui nel mio blog vi segnalo in modo particolare le mie rubriche su Architettura&Design e Corsi da leggere con un clic sul titolo:

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Questo numero di Bazar sarà online per i 29 giorni di questo febbraio bisestile e reperibile nell’archivio del web magazine cliccando sulla sua immagine di copertina:

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Come sempre auguro una buona lettura.