Il Postino

Ci sono stati, ci sono e ci saranno molti attori bravi, ma quando senti che a qualcuno di loro vuoi bene anche senza conoscerlo personalmente, allora ci dev’essere qualcosa di molto speciale che fa la differenza. Ce ne sono due ai quali voglio bene. Sono entrambi italiani. Uno lo prenderei in braccio e mi piacerebbe un giorno anche solo stringergli la mano… e presto ve ne parlerò. L’altro lo abbraccerei, se fosse possibile… perché non c’è più. Era… è Massimo Troisi.

Il suo ultimo film Il Postino mi è entrato nel cuore. È una perla… un diamante incastonato insieme agli altri in un diadema poetico. Ne parlo mettendolo al 4° posto, ma è un 4° posto particolare perché in fondo, pensandoci, riflettendoci… ha tante cose in comune con i primi tre film che ho nel cuore. Poi vi spiegherò il perché se mi farete compagnia nella lettura di quanto sto scrivendo.

Il film è tratto dal romanzo Ardiente Paciencia del cileno Antonio Skármeta, pubblicato in Italia col titolo Il Postino di Neruda. Interpretato da Massimo Troisi e da lui diretto insieme al regista Michael Radford, è un film del 1994 e nel 1996 la struggente colonna sonora di Luis Bacalov vinse il premio Oscar! Entriamo nell’atmosfera dolcissima del film ascoltandola in un’esecuzione live dell’autore con un clic sulla locandina.

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Nel film Massimo interpreta Mario Ruoppolo, un umile disoccupato, un uomo solo e semplice che vive in un’isola del nostro Sud dove suo padre fa il pescatore. Il film inizia con una scena in un cinema e sullo schermo scorrono immagini in bianco e nero… questo già mi ricorda qualcosa… :o) In platea è seduto anche Mario che segue un cinegiornale che parla del poeta cileno Pablo Neruda, interpretato da Philippe Noiret… che mi ricorda di nuovo qualcosa… :o) Si parla di comunismo, di esilio, di poesie d’amore… che da sempre affascinano le donne. A Mario si illuminano gli occhi alla notizia che il poeta esiliato soggiornerà sulla sua isola.

Trova lavoro nell’ufficio postale perché serve un postino che in bicicletta porti lettere, pacchetti e telegrammi al grande Neruda che andrà ad abitare con la moglie in una casa un po’ lontana. Il colloquio per l’assunzione è proprio alla Troisi… il datore di lavoro gli chiede se sa leggere e scrivere e lui: “so leggere e scrivere… senza correre però…” :o)

Neruda… il poeta amato dalle donne e dal popolo… Mario ne resta affascinato, ammirato. Inizialmente, timido com’è, ne prova soggezione, poi ne diventa amico e i due iniziano a parlare spesso di poesia quando Mario pedalando pedalando gli porta la corrispondenza e si ferma a dialogare un po’ con lui. A pedalare, per di più in salita, è una controfigura di Massimo Troisi, ormai già gravemente malato… Tanta poesia, tanto amore e anche un bel po’ di ideali fra le righe di questo film… se lo conoscete e lo avete amato vi farà piacere ripercorrerne la storia e rivederne alcune scene. Se non lo conoscete non perdetelo… forse alla fine del mio racconto vorrete vederlo al più presto. Non privatevi di questo capolavoro. Non è solo un film, è una Poesia!

Pablo Neruda durante una delle loro chiacchierate, gli parla di metafore, ma Mario non sa cosa sia una metafora e con un candore straordinario scopre grazie al suo nuovo amico che la metafora è un nome complicato che in realtà nasconde una cosa semplice. Infatti Pablo gli dice: “Quando la spieghi, la poesia diventa banale. Meglio di ogni spiegazione è l’esperienza diretta delle emozioni che può svelare la poesia a un animo predisposto a comprenderla”.

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In un’altra scena Pablo e Mario sono seduti in riva al mare e il poeta gli recita una sua poesia. Mario confessa di essersi sentito ondeggiare come una barca sbattuta dalle sue parole. Neruda gli rivela che ha appena creato una metafora. Mario si stupisce ed è tanto contento di essersi scoperto capace di ciò e riuscirà in seguito anche a dare consigli poetici a Pablo definendo “tristi” le reti dei pescatori dell’isola, termine che al poeta piace molto.

Mario resta colpito dalla personalità e dalle parole del poeta non riuscendo a non pensare alla poesia ogni giorno di più, e gli piacerebbe tanto diventare un poeta perché potrebbe far innamorare le donne. Nel frattempo lui si è innamorato di Beatrice, interpretata da una giovanissima Maria Grazia Cucinotta, e non sa come parlarle d’amore e così chiede aiuto al famoso poeta che non conosce la ragazza e gli chiede di descriverla… Il dialogo che ne segue, con Pablo che a proposito di Beatrice cita Dante e gli parla di una malattia chiamata amore e Mario che cade dalle nuvole e non vuole assolutamente guarire, è di una tenerezza e ingenuità infinita, disarmante… Mario non riesce a spiegarsi… com’è la sua Beatrice?… non trova le parole… e allora tira fuori da una tasca una pallina di un calcetto balilla. Una pallina che durante una partita con Beatrice lei si era messa maliziosamente in bocca per gioco facendolo definitivamente innamorare. Senza rendersene conto Mario sta già “scrivendo” la sua prima poesia d’amore… per me quella pallina ne è un verso. Pablo gli regala un quaderno per scrivere poesie e intanto Mario legge anche le poesie di Neruda e impara a recitarne i versi alla sua Beatrice che ne resta affascinata… la poesia non è di chi la fa, ma di chi la usa…

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E così si incoraggia e si mette anche lui a scrivere poesie…

 

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Il postino e il poeta non parlano solo di poesie d’amore e un giorno Neruda gli racconta la storia di un minatore che ha conosciuto in Cile e che gli disse: “dovunque andrai racconta questi tormenti”. Pablo ha sentito il bisogno di scrivere non solo poesie d’amore, ma anche di raccontare nei versi qualcosa che accompagnasse la lotta degli uomini e che fosse la poesia dei maltrattati. All’amicizia, all’amore per la poesia si unisce anche una condivisione di ideali. Mario e Pablo sono davvero molto legati ormai, tanto che il poeta sarà il suo testimone di nozze quando si sposerà con Beatrice, nonostante l’opposizione del parroco che sconsiglia la giovane coppia in tal senso perchè Neruda è comunista…  Proprio durante la festa di nozze Pablo apprende con gioia che può tornare in Cile.

Alla sua partenza lascia alcuni oggetti nella casa sull’isola. Poi Mario glieli farà avere in seguito. I due si abbracciano… che bell’abbraccio! La contentezza di poter tornare in patria si mescola alla tristezza di dover lasciare un grande amico e una splendida terra… uno splendido mare. A Mario dispiace proprio molto che lui se ne vada e dopo la partenza il tempo passa e purtroppo Pablo non si fa più vivo. Mario non fa che pensare alla loro bella amicizia, non smette di stimarlo e di ammirarlo e lo giustifica dicendo: “perché dovrebbe ricordarsi di me? Come poeta? Non valgo niente. Come postino? Come comunista?…”. Un giorno arriva una lettera dal Cile. Spera che sia per lui da parte di Pablo, ma invece è una formale richiesta della segreteria del poeta per l’invio degli oggetti lasciati sull’isola.

Mario nella casa trova un registratore, quel registratore con le loro voci… quando Pablo gli chiese di citare una delle meraviglie dell’isola e lui rispose: “Beatrice Russo”. Gli viene un’idea e usa il registratore per registrare i rumori della sua isola per esaudire il desiderio del suo amico e raccontargli le cose belle di quella sua terra… lo fa e ad ogni rumore assegna un numero e una descrizione. La scena è imperdibile, seguitela passo per passo, via via che lui registra e cataloga i rumori…

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N° 1 – Onde della cala di sotto. Piccole

N° 2 – Onde grandi

N° 3 – Vento della scogliera

N° 4 – Vento dei cespugli

N° 5 – Reti tristi di mio padre

N° 6 – Campana dell’Addolorata, con prete.

N° 7 – Cielo stellato dell’isola

Mentre registra il rumore del cielo stellato lo ammira ed esclama “Bello però… non me n’ero mai accorto che era così bello…”.

N° 8 – Cuore di Pablito (il bimbo che aspetta con Beatrice)

Questa è la più bella poesia del dolcissimo postino Mario Ruoppolo, con versi che si sublimano nell’immensità poetica di quel cielo stellato e che sorridono nel vitale e innocente cuoricino di un bambino.

Dopo un lungo silenzio, 5 anni dopo, Pablo Neruda e sua moglie tornano sull’isola a trovare Mario e Beatrice, ma trovano solo lei e il piccolo Pablito. Mario è morto prima della sua nascita, ma ha lasciato la registrazione che Beatrice non ha più spedito per tenerla con sé per ricordo. La fa ascoltare a Pablo, è un regalo per lui… nel nastro Mario gli dice che gli ha lasciato tanto in dono, che ha scritto una poesia dedicata a lui e se non l’avesse conosciuto non sarebbe mai riuscito a scriverla.

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Il film ormai sta per finire e si vedono le scene di una manifestazione comunista, mentre il compagno Mario Ruoppolo viene invitato a leggere la poesia dedicata al poeta Pablo Neruda fra gli applausi dei presenti, ma scoppiano disordini e… e il foglio cade a terra. Il film finisce mentre Pablo commosso passeggia sulla spiaggia. Davanti il rumore del mare. Dietro la scogliera. Alla fine appare una dedica bianca sullo schermo nero: “Al nostro amico Massimo”.

Massimo Troisi morì 24 ore dopo la fine delle riprese de Il Postino, il suo capolavoro, il suo testamento poetico e politico. Come ho anticipato all’inizio considero questo film… questa poesia… qualcosa che può riassumere i primi tre film che ho nel cuore. C’è l’amore per la poesia che troviamo in quell’elogio alla libertà di espressione e alla creatività che è L’attimo fuggente, il candore, l’ingenuità e la spontaneità dell’intenso protagonista de La leggenda del Pianista sull’Oceano, e infine c’è quel regalo postumo fatto a un grande amico, quella registrazione di rumori dell’isola, così simile a quella pellicola piena di baci che si accorda con una musica infinita e rende sublime l’ultima scena di Nuovo Cinema Paradiso. E così il cerchio si chiude in maniera splendida e perfetta, come un abbraccio immenso, e pensando a questo cerchio facciamoci di nuovo accompagnare dalle dita che sulla tastiera di un pianoforte suonano ancora la colonna sonora de Il Postino. Con un gesto semplice come era semplice Troisi… un clic su questa sua foto…

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Massimo va ringraziato per averci regalato un’emozione capace di svelare la sua poesia agli animi predisposti a comprenderla. Ma va ringraziato anche di essere stato esattamente come è stato. Unico, inimitabile e indimenticabile.

Un paio di amici, fra i tanti, gli hanno reso omaggio in maniera speciale. Pino Daniele, con il quale ha condiviso diversi momenti della sua vita scrivendo insieme anche alcune canzoni, lo ricorda così…

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Il secondo è Roberto Benigni, l’altro attore a cui voglio bene e che vorrei prendere in braccio.  Gli ha dedicato questa poesia che conclude il mio post con il quale, a modo mio, ho abbracciato Massimo Troisi. 

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L’attimo fuggente

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Questo film datato 1989 non lo vidi subito quando uscì nelle sale. Qualche anno dopo avevo i miei tre figli piccoli, in un’età abbastanza impegnativa e faticosa per stargli dietro, ed ero da sola con loro in vacanza in montagna, in una piccola casa. Dopo una giornata molto intensa, in serata si addormentarono tutti e nel silenzio il palinsesto televisivo serale stava passando dalla prima alla seconda serata. Ero stanchissima e stavo per spegnere la tv quando l’annunciatrice disse che sarebbe andato in onda un film con Robin Williams e la regia di Peter Weir intitolato L’attimo fuggente. Quel titolo mi interessò immediatamente e decisi di mettermi un po’ sul divano e di vederne qualche scena.

La stanchezza e il sonno svanirono, ne fui rapita dall’inizio alla fine e in questa mia classifica cinematografica ho deciso di metterlo al 3° posto.

Non riuscii a dormire quella notte. C’era un gran silenzio in quel bosco fra i monti e nel buio della mia stanza mi misi a pensare pensare pensare… e forse devo anche a quel film il fatto che cambiai pian piano il mio modo di scrivere lasciandomi più andare, facendomi trasportare dai miei istinti liberi e felici, da ciò che mi andava di improvvisare, dalla libertà di espressione.

La storia è ambientata nel 1959 nella rigida e conformista accademia maschile di Welton, negli USA. Un nuovo insegnante di materie umanistiche, il professor John Keating interpretato da Robin Williams, il primo giorno di scuola porta i ragazzi fuori dall’aula e in un salone della scuola tiene la sua prima originale lezione facendo leggere loro dei versi: Cogli la rosa quando è il momento, che il tempo, lo sai, vola e lo stesso fiore che sboccia oggi, domani appassirà. Davanti a dei quadri con le vecchie foto degli studenti del passato, ragazzi esattamente come loro che però ormai non esistono più, li guarda tutti negli occhi e li esorta a non aspettare a realizzare i propri sogni e le proprie aspirazioni… carpe diem, cogliete l’attimo ragazzi, rendete la vostra vita straordinaria perché siamo tutti cibo per i vermi o concime per i fiori.

cbcd7eec7b930ae4657fca1fe2476667.jpgGli studenti restano molto colpiti da quella prima lezione e da quelle seguenti durante le quali il professore li invita ad essere anticonformisti e a ragionare con la propria testa. Usa metodi decisamente insoliti fuori e sopra le righe che affascinano i ragazzi con intelligenza e simpatia, insegnando loro che l’amore per la poesia è fondamentale per far nascere la scintilla creativa e sviluppare le capacità di scelta di vita seguendo i propri sogni e senza farsi influenzare dal pensiero altrui. Li esorta a lottare contro chi vuole misurare la poesia e li invita a leggere gli autori soffermandosi ad assaporare cosa provano nella lettura, cosa sentono nascere dentro di loro e non solo cosa dicono gli autori o i teorici della letteratura. Devono imparare ad osare, ad andare contro corrente, a guardare le cose da diversi punti di vista, da altre prospettive e durante una lezione in aula li fa salire in piedi sui banchi per dimostrare come le cose si possono vedere diversamente da altre angolazioni.

ffc7c61d4ec07ca8f72c26bd1840c097.jpgIn quest’altro video gli svela una cosa straordinaria: Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita. E poi conclude splendidamente dicendo che ognuno può contribuire con un verso e chiedendo quale sarà il loro: Quale sarà il tuo verso?. Un giorno farà scrivere a ciascuno una poesia da recitare di fronte agli altri. Il più timido non ce la fa e il professore riesce a sbloccarlo facendogli improvvisare una poesia e raccomandandosi di non dimenticare mai quel momento in cui ha scoperto di esserne capace.

Ispirandosi ai versi di una poesia offre ai ragazzi l’alternativa di chiamarlo semplicemente professor Keating oppure più audacemente “O Capitano, mio Capitano!”.

Sette studenti lo seguono con particolare interesse e un giorno scoprono in un vecchio annuario della scuola che il professore ha studiato lì e che faceva parte di un gruppo, una setta, la Setta dei Poeti Estinti. Molto incuriositi gli chiedono di raccontare la storia della Dead Poets Society. Erano un gruppo di ragazzi della scuola che si ritrovavano in un luogo nascosto a leggere, recitare… assaporare poesia. I versi che leggevano all’inizio dei loro incontri erano: Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza e in profondità, succhiando tutto il midollo della vita. Per sbaragliare tutto ciò che non era vita e per non scoprire in punto di morte che non ero vissuto.

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I sette ragazzi rifondano la Setta dei Poeti Estinti e si ritrovano spesso in una grotta nel bosco a recitare versi propri o altrui e a comunicare fra loro con la poesia, vivendo un periodo particolarmente emozionante e ricco di scoperte. Chi scopre l’amore, chi di poter vincere la timidezza come Todd, chi la propria vocazione di attore come Neil.

Ma Neil si scontra con un padre troppo severo che non tiene in considerazione i desideri del ragazzo ed ha già pianificato tutta la sua vita pretendendo per lui un futuro da medico. Non approva la sua passione per il teatro e, nonostante l’entusiasmante successo del ragazzo durante una recita scolastica dove interpreta la parte di Puck in Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare, non avendolo autorizzato a partecipare lo punirà togliendolo da quella scuola e dall’influenza del professor Keating per spedirlo in un’accademia militare durissima. Il sensibile e debole ragazzo nella notte si suicida sparandosi con la pistola del padre e questa tragedia sconvolgerà gli altri ragazzi, il professore e tutta la scuola.

Da tempo i metodi del professore non erano visti di buon occhio da gran parte del corpo docente e dal preside, e così la colpa dell’accaduto viene addossata a Keating. L’ottuso preside, sotto minaccia di espulsione, costringe i ragazzi che secondo lui sono stati negativamente influenzati dalle strane idee del professore a firmare una dichiarazione che segnerà definitivamente l’allontanamento dell’insegnante dalla scuola. Solo il ribelle Charlie, detto Nuwanda, verrà espulso anche per episodi precedenti di insubordinazione, mentre gli altri firmeranno a malincuore costretti anche dai genitori.

Il preside sostituirà temporaneamente Keating nella classe e durante una sua monotona, severa e tradizionale lezione sulla poesia, il professore entra in classe per recuperare alcuni oggetti personali prima di lasciare la scuola. I ragazzi lo guardano sentendosi in colpa e mentre Keating sta per andarsene sarà Todd a superare definitivamente la sua timidezza e a ribellarsi salendo in piedi sul banco declamando “O Capitano, mio Capitano!” facendo imbestialire il preside.

8f391e27011a617933a9b5e3bda3e42d.jpgIn questa memorabile scena finale uno per uno anche altri ragazzi fanno la stessa cosa incuranti del preside che urla loro di scendere e al professore di andarsene. Da lassù sui banchi guardano intensamente, con commozione e gratitudine, il loro prezioso insegnante che li ringrazia soddisfatto di quella loro dimostrazione.

Soddisfatto di avergli insegnato a diventare liberi pensatori, perché solo nei sogni gli uomini sono davvero liberi.

La Leggenda del Pianista sull’Oceano

Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla.

Ne è convinto il trombettista Max Tooney, personaggio interpretato dall’attore Pruitt Taylor Vince, che in un film racconta la storia incredibile del suo grande amico pianista, il più grande pianista mai esistito al mondo, tanto grande da diventare leggenda e tanto incredibile da non scendere mai, nemmeno per un istante di tutta la sua vita da una nave che viaggia sull’Oceano.

La storia è tratta dal monologo teatrale Novecento, di Alessandro Baricco, ed ha ispirato un film a Giuseppe Tornatore che, con le musiche di Ennio Morricone, firma la pellicola che sta al secondo posto nella classifica personale dei film più belli visti finora nella mia vita: La Leggenda del Pianista sull’Oceano. Un altro film, datato 1998, che ha stampato le sue scene e inciso le sue note nella mia anima.

Iniziamo con la musica che apre il film. Le scene sono a bordo del transatlantico Virginian che trasporta tanti passeggeri ad ogni traversata e fra loro anche molti poveri emigranti. Iniziamo a sentirle le note di quella musica… con un clic sull’immagine della locandina…

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Sono le immagini e le note di un concerto, ma chiudete gli occhi mentre ascoltate e immaginate la nave che si sta avvicinando a New York. Immaginate anche un po’ di nebbiolina mentre la musica evolve… e poi cresce… resta come sospesa e… ed esattamente a 3 minuti e 12 secondi esplode in ondate di melodia.  Ciò avviene poco dopo il momento in cui, nel film, fra gli emigranti sulla nave c’è qualcuno, il primo di loro che dopo tanti giorni di traversata avvista nella nebbia la Statua della Libertà e grida “L’Americaaa!!!”, dopodiché tutti esultano e poi si ammutoliscono di meraviglia appena si trovano davanti il panorama di New York.

La storia che Max Tooney racconta a un negoziante di strumenti è quella di Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, nato, cresciuto, vissuto, diventato pianista a bordo di una nave che fa rotta sull’Oceano e rimasto unito al destino del transatlantico Virginian fino alla fine.

Che strano nome vero? Ma c’è sempre un perché in tutte le cose. Il nome racchiude le origini del pianista, trovato appena nato a bordo nella nave proprio mentre sta iniziando il nuovo secolo, il Novecento. Il piccolo è abbandonato dentro una cassetta con sopra la scritta T.D. Lemon. A trovarlo è un macchinista di colore che si chiama Danny Boodman e che si affezionerà subito al bimbo e si improvviserà padre adottivo per qualche anno crescendolo a modo suo, in segreto e con tanto affetto nella sala macchine, finchè non morirà per un incidente. L’equipaggio diventa la sua famiglia che prova per il bambino una crescente simpatia. Arrivano però i guai, ma il piccolo furbetto conosce ormai così bene ogni centimetro della nave che riesce a nascondersi per lungo tempo sfuggendo ai poliziotti e a tutti quelli che lo cercano su ordine del comandante per farlo scendere e destinarlo a un orfanotrofio.

Quando ormai a bordo tutti pensano a chissà quale misteriosa fine avrà fatto il bambino, Novecento ricompare improvvisamente una notte seduto al pianoforte in prima classe, mentre suona con stupefacente bravura. Non si sa come ha imparato, ma ci è riuscito da solo senza conoscere la musica… e la storia assume sempre più i contorni di una leggenda.

Quella nave continua ad essere la sua famiglia e la sua casa per gli anni che seguono, durante i quali diventerà adulto e lavorerà come pianista della nave, colui che suona per lavoro su un pianoforte a coda nelle serate in prima classe, e per diletto in terza classe, con un pianoforte verticale. Colui che suona solo in mare aperto e mai a terra. Lo impersona un intenso Tim Roth che con maestria ne interpreta la spontaneità, il candore, l’ironia e la disarmante e spiazzante ingenuità.

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In questo video Max Tooney viene assunto come trombettista e sale a bordo della nave. Lo incontra e lui è già nel pieno del suo talento di pianista. I due suoneranno insieme per diversi anni diventando molto amici e condividendo musica e ironia… come in questa prossima scena dove il mal di mare e la tempesta diventano un’occasione per improvvisare una divertente sequenza davvero leggendaria che pare quasi una favola… 

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In prima classe Novecento è un esecutore di musica che gli viene richiesta attenendosi alle “note normali” anche se talvolta la sua indole disubbidiente lo lascia andare a qualche divagazione personale sulla tastiera, mentre in terza classe, fra gli emigranti in cerca di fortuna in America, si trasforma liberamente in un improvvisatore di una musica mai sentita… non legge le note, ma quando suona si accende il mondo.

60d26d1da616df4c9f0209b72899528b.jpgEra come quando si sedeva al pianoforte e attaccava a suonare, non c´erano dubbi nelle sue mani, e i tasti sembravano aspettare quelle note da sempre, sembravano finiti lì per loro. Sembrava che inventasse lì per lì: ma da qualche parte, nella sua testa, quelle note erano scritte da sempre.

Novecento intanto, dal giorno della sua nascita non è ancora mai sceso dalla nave a bordo della quale osserva gente nuova in ogni traversata e dai racconti, dai loro sguardi, dai loro gesti, dal loro aspetto, dalla loro andatura, riesce a intravedere e a immaginare il mondo, mille luoghi, migliaia di vite e di storie. È anche da questo che trae ispirazione per improvvisare musica che somiglia ai passeggeri… solo osservando le persone e lasciando andare le dita sulla tastiera del pianoforte raggiungendo talvolta alti livelli di simpatia ed ironia, ma anche di immensa poesia… per esempio quando i suoi occhi, la sua mente, il suo cuore e le sue dita diventano un tutt’uno mentre osserva una deliziosa ragazza al di là di un oblò improvvisando una musica bellissima… ecco qua le sue mani, pronte per iniziare a suonare in questo video… 

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Affascinante… una musica senza nome e che in pochi hanno avuto il privilegio di ascoltare.

Nel tempo quella nave, che è la sua famiglia e la sua casa, diventa anche la sua terra e Novecento non ha nessuna intenzione di scendere. Intanto la leggenda del suo ineguagliabile talento arriva anche in terre lontane: il più grande pianista del mondo vive su una nave. Il suo nome è Danny Boodman T.D. Lemon Novecento.

Un grande pianista jazz, anzi colui che sulla terraferma ha la fama di essere il più grande, apprende dell’esistenza del pianista che suona sull’Oceano e così decide di salire a bordo e di sfidarlo in una gara al pianoforte che rappresenta una scena memorabile del film. Eccola qua divisa in due video da non perdere, parte prima e parte seconda. Ho fatto due “fermo immagine” sulle sigarette, due dettagli molto significativi e ironici nella scena. Buona visione, non ve ne pentirete… e non fatevi sfuggire i particolari, i dialoghi e il finale.

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Max più volte esorta Novecento a scendere da quella nave per andare a conoscere il mondo e guadagnarsi sicura fama e grande successo a terra, ma inutilmente. Soltanto una volta il pianista annuncia improvvisamente di voler scendere dalla nave sorprendendo tutti e anche Max. Il giorno dell’evento tutti lo osservano mentre si appresta a scendere dalla scaletta, con il cappello in testa e una valigia in mano. Uno scalino dopo l’altro… e ancora… fino circa a metà. Poi si ferma osservando la città e la terraferma che si estende davanti a lui… di fronte i grattacieli di New York e alle spalle la sua nave e il suo Oceano… passano degli istanti in cui il suo pensiero forse fa un viaggio infinito andata e ritorno… All’improvviso lancia in aria il cappello che ricade in acqua. Si volta e risale la scaletta ritornando a bordo senza spiegazioni. E sarà per sempre.

A scendere dalla nave qualche tempo dopo sarà Max che, a causa della crisi dovuta allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale è costretto ad andare in cerca di fortuna altrove. Passano ancora altri anni e il transatlantico Virginian è ormai in disarmo, ormeggiato nel porto e in attesa di essere demolito. Da quelle parti si trova a passare nuovamente Max che preoccupato per la sorte dell’amico, di cui non ha più saputo nulla, racconta a tutti gli uomini del porto di aspettare a far saltare in aria la nave e tenta di raccontare la storia di un famoso pianista che è come se non fosse mai esistito… ma tutti lo guardano come se stesse farneticando e non lo credono. Riesce lo stesso a salire a bordo della nave, ormai quasi un relitto arrugginito. Lo cerca ovunque, lo chiama. Sa che se è vivo è sicuramente ancora a bordo. Lo chiama ancora, a lungo, ma non ottiene risposta… poi, mentre sta per scendere deluso, i due finalmente si incontrano. Novecento non è mai sceso e vive ancora, non si sa come, su quella nave… la leggenda continua, ma a terra è stata dimenticata e solo Max si ricorda quella storia. Cerca di convincerlo a scendere stavolta perché ormai è l’unica cosa da fare in vista della demolizione. Nel farlo gli chiede anche perché quella volta in passato non scese dalla nave e si fermò sulla scaletta tornando indietro.

Ed ecco la risposta di Novecento: «Tutta quella città… non se ne vedeva la fine… La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? E il rumore. Su quella maledettissima scaletta… era molto bello, tutto… e io ero grande con quel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi, era garantito che sarei sceso, non c’era problema. Col mio cappello blu. Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino… Primo gradino, secondo gradino. Non è quel che vidi che mi fermò. È quel che non vidi. Puoi capirlo, fratello?, è quel che non vidi… lo cercai ma non c’era, in tutta quella sterminata città c’era tutto tranne… C’era tutto. Ma non c’era una fine. Quel che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo.
Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu. Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni e miliardi…
Milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai e questa è la vera verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinita. Se quella tastiera è infinita non c’è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio. Cristo, ma le vedevi le strade? Anche solo le strade, ce n’era a migliaia, come fate voi laggiù a sceglierne una. A scegliere una donna. Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire. Tutto quel mondo. Quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce. E quanto ce n’è. Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità, solo a pensarla? A viverla… Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità, su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato così. La terra… quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare. Perdonatemi. Ma io non scenderò. Lasciatemi tornare indietro. Per favore.»

Il pianista non scenderà mai dalla nave. Max, seppur con grande dolore, rispetta quella sua scelta e lo saluta con un abbraccio bellissimo. Poco dopo la nave viene fatta esplodere. La storia che Max finisce di raccontare al negoziante di strumenti, nel cui negozio ha ritrovato i due pianoforti di Novecento e l’incisione di quella musica senza nome, è la Leggenda del Pianista sull’Oceano, Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, il più grande solleticatore d’avorio dei 7 Mari, brevemente riassunta in queste immagini…

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Anch’io dopo aver visto il film avevo da parte questa buona storia e se qui sul mio blog troverò qualcuno a cui raccontarla, non sarò fregata veramente :o)

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Nuovo Cinema Paradiso

Nuovo Cinema Paradiso

Una categoria dedicata al cinema sul mio blog non poteva essere intitolata diversamente.

Lo stesso titolo del film più bello che ho visto finora nella mia vita, un film così profondo e particolare, capace di suscitare emozioni così potenti da tatuarsi nell’anima.

Per i pochi che non lo conoscessero basta cliccare qui per avere notizie sulla trama e sul cast.

Mi è capitato spesso di commuovermi vedendo un bel film… il classico nodo alla gola… insomma in genere sono sempre riuscita a controllare esternamente anche le emozioni più forti che avevo dentro.

Questo film invece, dopo averlo visto tutto nei minimi dettagli e in tutta la bravura dei protagonisti, il mitico e intenso Philippe Noiret nella parte di Alfredo e il piccolo Salvatore Cascio nella parte del piccolo Salvatore (solo per citarne i due principali), ha una scena finale che soltanto adesso che non mi coglie alla sprovvista riesce “solo” a farmi sentire un nodo alla gola, ma anche a farmi sorridere.

Invece la prima volta che l’ho vista a conclusione del capolavoro di Giuseppe Tornatore, Premio Oscar nel 1990, quel nodo pareva esplodermi in gola e l’ho dovuto sciogliere non riuscendo a fermare un fiume di lacrime. Lacrime di gioia commossa, di stupore e meraviglia di fronte a qualcosa di grandioso che il film riesce a comunicare, o che per lo meno ha comunicato in maniera potentissima a me.

Per questo, cioè per il fatto che Nuovo Cinema Paradiso è stato finora l’unico film che mi ha fatto davvero piangere, e non solo per questo, la pellicola sta sull’olimpo dei miei preferiti insieme alla colonna sonora di quella scena finale, la più bella musica che ho mai sentito, firmata Ennio Morricone, finalmente Oscar alla carriera nel 2007… meglio tardi che mai!

Nuovo Cinema Paradiso scena bacio

Ecco qua una delle scene del film con Salvatore diventato ormai ragazzo e interpretato da Marco Leonardi. Lo so, è riduttivo vederne solo una scena perché il film merita di essere  visto e rivisto tutto, ma la trovo significativa nella sua intensità. 

E infine la celebre Scena finale di cui si può meglio cogliere l’immenso significato solo avendo visto prima tutto il film.

L’attore che sta in platea, un tormentato Jacques Perrin che interpreta Salvatore adulto, esprime con i suoi sguardi stupiti, con il sorriso, con il luccichio commosso degli occhi e con la sua gestualità, ciò che ho provato vedendo il film… la storia di una vita, ricordi racchiusi in un regalo stupendo da parte del grande amico Alfredo.

Un regalo che celebra l’Amore e che diventa anche il simbolo dell’immortalità del cinema… e molto altro.

Ma le parole non bastano… servono le immagini Nuovo Cinema Paradiso scena finalee la musica…

È proprio con le mani sul viso come l’attore che, vedendo le prime immagini dell’arte immortalata in questa scena, lacrime di gioia hanno iniziato a scendere disegnando artistici rigagnoli sul mio viso.

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