2 agosto 1980 ore 10,25

orologio-strage-Bologna

La telefonata a mio padre arrivò un po’ più tardi quel giorno.
 
Le sue importanti responsabilità di lavoro nelle Ferrovie dello Stato prevedevano spesso anche la reperibilità.
 
Eravamo al mare, sulla spiaggia, in Liguria. Tranquilli e ancora ignari.
 
All’altoparlante dello stabilimento balneare una voce disse che mio padre era urgentemente desiderato al telefono. All’epoca non avevamo i cellulari.
 
Quell’avverbio “urgentemente” allarmò anche me. Ero in acqua, uscii di corsa e... lo vidi sbiancare in volto mentre parlava al telefono con la persona che lo stava informando di qualcosa di brutto… ma io non ascoltavo la conversazione e quindi provai subito preoccupazione per qualche parente, qualche brutta notizia in famiglia… a gesti e a sguardi gli feci capire di darmi qualche indizio… lui interruppe un attimo e mi disse che era esplosa una bomba alla Stazione di Bologna.
 
Era davvero bianco come un lenzuolo e dopo aver parlato a lungo per dare alcune disposizioni in merito ai problemi ferroviari conseguenti all’attentato, riattaccò e mi disse che le ripercussioni ferroviarie al confronto erano niente rispetto alle tante vite umane in partenza, anche per le vacanze, e spezzate dall’esplosione.
 
Sentii dei brividi addosso e non erano certo dovuti al fattpoverapatriao che ero da poco uscita dall’acqua e avevo il costume bagnato…

Una strage che non si dimentica e che alla Stazione è ricordata da quello squarcio lasciato nel muro al binario 1, come simbolo terribile e tragico di qualcosa di irrimediabilmente spezzato come le vite uccise in tutte le stragi.
 
No, non si dimentica, così come io non dimentico l’espressione sconvolta di mio padre.