L’attimo fuggente

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Questo film datato 1989 non lo vidi subito quando uscì nelle sale. Qualche anno dopo avevo i miei tre figli piccoli, in un’età abbastanza impegnativa e faticosa per stargli dietro, ed ero da sola con loro in vacanza in montagna, in una piccola casa. Dopo una giornata molto intensa, in serata si addormentarono tutti e nel silenzio il palinsesto televisivo serale stava passando dalla prima alla seconda serata. Ero stanchissima e stavo per spegnere la tv quando l’annunciatrice disse che sarebbe andato in onda un film con Robin Williams e la regia di Peter Weir intitolato L’attimo fuggente. Quel titolo mi interessò immediatamente e decisi di mettermi un po’ sul divano e di vederne qualche scena.

La stanchezza e il sonno svanirono, ne fui rapita dall’inizio alla fine e in questa mia classifica cinematografica ho deciso di metterlo al 3° posto.

Non riuscii a dormire quella notte. C’era un gran silenzio in quel bosco fra i monti e nel buio della mia stanza mi misi a pensare pensare pensare… e forse devo anche a quel film il fatto che cambiai pian piano il mio modo di scrivere lasciandomi più andare, facendomi trasportare dai miei istinti liberi e felici, da ciò che mi andava di improvvisare, dalla libertà di espressione.

La storia è ambientata nel 1959 nella rigida e conformista accademia maschile di Welton, negli USA. Un nuovo insegnante di materie umanistiche, il professor John Keating interpretato da Robin Williams, il primo giorno di scuola porta i ragazzi fuori dall’aula e in un salone della scuola tiene la sua prima originale lezione facendo leggere loro dei versi: Cogli la rosa quando è il momento, che il tempo, lo sai, vola e lo stesso fiore che sboccia oggi, domani appassirà. Davanti a dei quadri con le vecchie foto degli studenti del passato, ragazzi esattamente come loro che però ormai non esistono più, li guarda tutti negli occhi e li esorta a non aspettare a realizzare i propri sogni e le proprie aspirazioni… carpe diem, cogliete l’attimo ragazzi, rendete la vostra vita straordinaria perché siamo tutti cibo per i vermi o concime per i fiori.

cbcd7eec7b930ae4657fca1fe2476667.jpgGli studenti restano molto colpiti da quella prima lezione e da quelle seguenti durante le quali il professore li invita ad essere anticonformisti e a ragionare con la propria testa. Usa metodi decisamente insoliti fuori e sopra le righe che affascinano i ragazzi con intelligenza e simpatia, insegnando loro che l’amore per la poesia è fondamentale per far nascere la scintilla creativa e sviluppare le capacità di scelta di vita seguendo i propri sogni e senza farsi influenzare dal pensiero altrui. Li esorta a lottare contro chi vuole misurare la poesia e li invita a leggere gli autori soffermandosi ad assaporare cosa provano nella lettura, cosa sentono nascere dentro di loro e non solo cosa dicono gli autori o i teorici della letteratura. Devono imparare ad osare, ad andare contro corrente, a guardare le cose da diversi punti di vista, da altre prospettive e durante una lezione in aula li fa salire in piedi sui banchi per dimostrare come le cose si possono vedere diversamente da altre angolazioni.

ffc7c61d4ec07ca8f72c26bd1840c097.jpgIn quest’altro video gli svela una cosa straordinaria: Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita. E poi conclude splendidamente dicendo che ognuno può contribuire con un verso e chiedendo quale sarà il loro: Quale sarà il tuo verso?. Un giorno farà scrivere a ciascuno una poesia da recitare di fronte agli altri. Il più timido non ce la fa e il professore riesce a sbloccarlo facendogli improvvisare una poesia e raccomandandosi di non dimenticare mai quel momento in cui ha scoperto di esserne capace.

Ispirandosi ai versi di una poesia offre ai ragazzi l’alternativa di chiamarlo semplicemente professor Keating oppure più audacemente “O Capitano, mio Capitano!”.

Sette studenti lo seguono con particolare interesse e un giorno scoprono in un vecchio annuario della scuola che il professore ha studiato lì e che faceva parte di un gruppo, una setta, la Setta dei Poeti Estinti. Molto incuriositi gli chiedono di raccontare la storia della Dead Poets Society. Erano un gruppo di ragazzi della scuola che si ritrovavano in un luogo nascosto a leggere, recitare… assaporare poesia. I versi che leggevano all’inizio dei loro incontri erano: Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza e in profondità, succhiando tutto il midollo della vita. Per sbaragliare tutto ciò che non era vita e per non scoprire in punto di morte che non ero vissuto.

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I sette ragazzi rifondano la Setta dei Poeti Estinti e si ritrovano spesso in una grotta nel bosco a recitare versi propri o altrui e a comunicare fra loro con la poesia, vivendo un periodo particolarmente emozionante e ricco di scoperte. Chi scopre l’amore, chi di poter vincere la timidezza come Todd, chi la propria vocazione di attore come Neil.

Ma Neil si scontra con un padre troppo severo che non tiene in considerazione i desideri del ragazzo ed ha già pianificato tutta la sua vita pretendendo per lui un futuro da medico. Non approva la sua passione per il teatro e, nonostante l’entusiasmante successo del ragazzo durante una recita scolastica dove interpreta la parte di Puck in Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare, non avendolo autorizzato a partecipare lo punirà togliendolo da quella scuola e dall’influenza del professor Keating per spedirlo in un’accademia militare durissima. Il sensibile e debole ragazzo nella notte si suicida sparandosi con la pistola del padre e questa tragedia sconvolgerà gli altri ragazzi, il professore e tutta la scuola.

Da tempo i metodi del professore non erano visti di buon occhio da gran parte del corpo docente e dal preside, e così la colpa dell’accaduto viene addossata a Keating. L’ottuso preside, sotto minaccia di espulsione, costringe i ragazzi che secondo lui sono stati negativamente influenzati dalle strane idee del professore a firmare una dichiarazione che segnerà definitivamente l’allontanamento dell’insegnante dalla scuola. Solo il ribelle Charlie, detto Nuwanda, verrà espulso anche per episodi precedenti di insubordinazione, mentre gli altri firmeranno a malincuore costretti anche dai genitori.

Il preside sostituirà temporaneamente Keating nella classe e durante una sua monotona, severa e tradizionale lezione sulla poesia, il professore entra in classe per recuperare alcuni oggetti personali prima di lasciare la scuola. I ragazzi lo guardano sentendosi in colpa e mentre Keating sta per andarsene sarà Todd a superare definitivamente la sua timidezza e a ribellarsi salendo in piedi sul banco declamando “O Capitano, mio Capitano!” facendo imbestialire il preside.

8f391e27011a617933a9b5e3bda3e42d.jpgIn questa memorabile scena finale uno per uno anche altri ragazzi fanno la stessa cosa incuranti del preside che urla loro di scendere e al professore di andarsene. Da lassù sui banchi guardano intensamente, con commozione e gratitudine, il loro prezioso insegnante che li ringrazia soddisfatto di quella loro dimostrazione.

Soddisfatto di avergli insegnato a diventare liberi pensatori, perché solo nei sogni gli uomini sono davvero liberi.