Maschera neutra

b81170b030c10f5b3e1744e8b81810f0.jpgUn volto bianco. Né uomo né donna. Né gioia né tristezza. Inespressivo. Neutro. Inquietante quanto affascinante. Uno sguardo vuoto e un respiro spento al di là dei fori. Infiniti occhi invisibili e aria assente… ma se un volto umano vi si appoggia l’infinito diventa uno sguardo vivo e l’aria un respiro presente.

Qualche mese fa, in occasione di un corso di public speaking, intitolato L’Arte della Presenza e svolto con metodologie teatrali, al quale ho assistito per lavoro, rimasi sorpresa dalle reazioni dei partecipanti che indossavano una maschera neutra durante alcuni esercizi per riflettere sulla comunicazione non verbale, sulla gestualità, sulla postura, sui movimenti del corpo. 

Sembravano improvvisamente altre persone, quasi altre entità senza una precisa identità. Cambiava il modo di camminare e loro stessi riferivano di aver provato sensazioni strane come la difficoltà a respirare, pesantezza dei propri passi, aumento del battito cardiaco, oppure un’improvvisa sicurezza… un’emozione mai provata, chi piacevole, chi invece di disagio… alcuni addirittura avvertivano tensione in alcune parti del corpo ed acceleravano il passo per finire più in fretta l’esercizio ed altri invece si scioglievano, e una ragazza, prima piuttosto rigida e frettolosa, improvvisamente assunse un’andatura simile a un’onda, che faceva pensare a una sinusoide morbida, lenta ed elegante…

In una pausa la curiosità mi fece prendere in mano quella maschera. La osservai a lungo… guardai le labbra chiuse, al di là degli occhi assenti, il naso come quello di una statua greca… e per la prima volta nella mia vita l’ho indossata davanti a uno specchio… 

La prima sensazione fu di calore al viso coperto da quello strato che nel mio caso era di plastica. La stessa sensazione fisica che si prova da piccoli quando si indossano buffe maschere di carnevale, più o meno… Poi però guardai lo specchio… ma chi era quella che vedevo? Cos’era? Certo, è logico, ero io, ma andando oltre l’evidenza avvertii dell’altro in quell’immagine. Una sensazione ovattata, un fascino inquietante che mi tenne per qualche minuto inchiodata davanti a quello specchio ad osservare i miei occhi che non sembravano più i miei in quello strano volto tutto bianco, i miei capelli che facevano da cornice a quel viso né triste né felice, né maschile né femminile. Neutro. Immobile. Sentivo più forte e rumoroso il respiro e anche il cuore aumentò il suo ritmo. 

Forse per ansia. L’immaginario timore di una perdita di identità, di certezze, di sicurezze. Il timore di un annullamento, di diventare nulla, un pupazzo inanimato… un immenso senso di prigionia e di solitudine.

O forse per emozione. L’immaginaria euforia di vedermi potenziale personaggio nuovo e di intravedere, al di là di quei fori e al di là dei miei occhi, una porta verso nuove vite. Non più il nulla o il solito, ma altro, tanto altro e altrove. Mille identità, mille luoghi e mille tempi… mille io, tu, lei, lui, noi, voi, loro… un immenso senso di libertà e condivisione.

Passai pochi minuti a fissarmi davanti a quello specchio… immobile come una bambola inanimata, ma ho avvertito il passare di una e mille vite, le opportunità, le scelte e… e dopo quella specie di incredibile viaggio togliermi la maschera e rivedere il mio viso riflesso nello specchio mi ha quasi stupita per un istante, come nel primo istante in cui mi sono vista con indosso quella maschera…