Volo I-2029 pronto al decollo. Precedenza assoluta.

A cominciare dal titolo, che è lo stesso che ho voluto dare a questo post, mi ha colpita un articolo che ho letto sul n° 555 del 30.6.2007 del settimanale cartaceo «D-La Repubblica delle Donne» consultabile anche in rete da pag. 30 a pag. 38 su http://periodici.repubblica.it/d/?num=555.  

Citandone per correttezza la fonte e la paternità (testo di Fabrizio Ravelli e foto di Massimo Berruti), lo riporto qua sul mio blog. Forse avrei dovuto inserirlo nella categoria L’edicola di Riccarda, ma visto che parla di volo ho preferito ospitarlo qua.

 

Nelle prime pagine il testo si fa un po’ attendere… forse perché è bene prima meditare su alcune immagini… e l’articolo inizia mostrando questa foto…

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Il testo della didascalia è il seguente: «31° Stormo – Non trasportano soltanto le massime autorità di Stato (e il Papa). Sono sempre in allerta. Per chi ha bisogno di un trapianto. Per chi è in pericolo di vita. Un giorno (e una notte) in viaggio con i soldati volanti della nostra Aeronautica. Tra civili in barella, prese per l’ossigeno, culle termiche. Umanità e compassione».

 

Poi prosegue mostrando altre immagini in bianco e nero…

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Due le didascalie. A sinistra: «Missioni umanitarie, emergenze sanitarie: si vola a qualunque ora del giorno e della notte. In Italia e all’estero. Qui sopra, uno degli aerei del 31° Stormo in fase di atterraggio. Nella pagina a fianco, il capo equipaggio, capitano Fabio Caputo, in attesa del trasbordo di un paziente dall’ambulanza». A destra: «Anche l’aereo del governo italiano che sta per arrivare da Ciampino si fa da parte. E lascia passare il Falcon 50. Per una volta la signora Rosa di San Giovanni Rotondo, diretta a Verona dove l’attende un nuovo fegato, è più importante del signor ministro».

 

E un’altra foto molto toccante…

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… con queste didascalie: «Sulle barelle viaggiano uomini privi di conoscenza. Donne che non hanno mai volato in vita loro. Bambini minuscoli e trasparenti. E neonati chiusi in incubatrici. I soldati volanti non si adeguano a questo mestiere per necessità: ne sono entusiasti. Una piccola sofferente di cuore attende il decollo del Falcon. Il lavoro del 31° Stormo si alimenta di contrasti. Monitor fantascientifici e poveri fagotti di biancheria. Marescialli in tuta di volo tappezzata di stemmi che porgono un bicchier d’acqua. Corpi atletici addestrati, corpi piegati dalla malattia».

 

E ancora altre immagini “operative”…

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Descritte così: «In mezz’ora il volo è pronto al decollo. A gestire l’attività, un software: il computer manda sms sui telefoni degli uomini a disposizione. Si preparano i piani di volo, si ritirano i rapporti meteo. Ore 15.15. Doppio incarico. Un paziente Olbia-Pisa. E un Ipv Foggia-Linate. Ipv significa “imminente pericolo di vita”. Cliccano i nominativi degli equipaggi a disposizione. Il computer manda sms ai loro telefoni. Riceve conferma. Alle 17 si decolla».

 

Dopo aver meditato sulle foto inizia il testo che riporto integralmente qua di seguito.

 

La signora Rosa, con la cintura di sicurezza che stringe la vestaglia, ha gli occhi sofferenti di chi non vuol mollare. Questo è l’ultimo tentativo. Il Falcon 50 fila a 900 chilometri orari verso Verona. Non c’è mai tempo da perdere, su questi voli. Lei stringe i braccioli rivestiti in pelle e con la testa indica i militari dell’equipaggio: «Sono bravi, loro». Pronuncia una frase che potrebbe figurare sullo stemma del reparto: «Se decidono, non conoscono ostacoli». L’assistente di volo, il maresciallo Cosimo Picazio, sorride. Le sta intorno con premura, l’aiuta a sollevare i piedi, sistema le ciabatte sulla moquette.

Non risparmiano i sorrisi e i gesti affettuosi, questi soldati. Ce n’è bisogno, quando si vola verso una possibile salvezza, con un carico di sofferenza e speranza, con i minuti contati.

La signora Rosa vola verso un trapianto di fegato, su a Verona. L’hanno caricata in ambulanza a San Giovanni Rotondo, all’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, quello voluto da Padre Pio. Di corsa fino a Foggia, aeroporto civile “Gino Lisa”. Ha voluto scendere dalla barella, salire con le sue gambe la scaletta del Falcon: «Sì, ce la faccio da sola». La figlia Valentina che le dava il braccio. Il medico Pasquale Conoscitore con la cartella degli esami. Il capitano Luigi Tancredi ha girato la prua verso la pista di decollo e ha dato potenza ai tre motori jet.

Non molti sanno che a Ciampino c’è il 31° Stormo dell’Aeronautica Militare, e che il lavoro dei suoi uomini non è soltanto quello di trasportare in giro per il mondo le massime autorità di Stato e anche il Papa. Che già sarebbe un compito parecchio delicato, e riservato. Ma ci sono anche i voli di emergenza sanitaria, le missioni di soccorso come questa Roma-Foggia-Verona. Trasporto di cittadini in pericolo di vita o di organi per trapianti, recupero di militari feriti all’estero. Voli-ambulanza, precedenza assoluta. Anche l’aereo di Stato che sta per decollare da Ciampino si fa da parte, lascia passare il Falcon 50. Per una volta, la signora Rosa Pisicchio è più importante del signor ministro. Per questi voli a Ciampino c’è sempre un aereo pronto, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. Un Falcon 50, tre motori jet, nove posti a sedere, può montare una o due barelle, sette ore di autonomia. O un Falcon 900 Easy, più moderno e capiente, con un sollevatore per barelle, prese per ossigeno e per culle termiche, maggiore autonomia di volo. «Il meglio che c’è in circolazione al mondo, per questi impieghi», riassume il maggiore Alessandro Tortorella, responsabile del Boc (il centro operativo di base). Che spiega anche come vengono disposti i voli sanitari di emergenza: «L’ospedale segnala il caso alla prefettura, che chiama l’ufficio voli della presidenza del Consiglio, che a sua volta trasmette la richiesta allo Stato maggiore dell’Aeronautica. Sembra complicato, ma avviene in pochi minuti».

Ci sono sempre due equipaggi a disposizione, pronti a partire con un preavviso massimo di due ore. A volte per missioni complicate: «Nel marzo scorso siamo andati fino a Sydney, in Australia, a prendere un uomo gravissimo», racconta il capitano Federico Merola. «Tre equipaggi a staffetta, soste solo per rifornimento, 44 ore di volo fra andata e ritorno. Un’altra volta a Kinshasa, in Congo, e una volta in Honduras». Spesso, il preavviso è molto più breve. Come stavolta, per questo volo verso Foggia. La chiamata arriva alle 12.20, per partire 30 minuti dopo. Il maresciallo Marcello Nobili, tecnico di volo, corre a ispezionare l’aereo pronto in pista. I due piloti – il maggiore Tortorella e il capitano Tancredi – pianificano il volo, consultano il meteo. Il Boc tiene i contatti con gli aeroporti. Quello civile di Foggia ha una pista corta, solo 1.400 metri: «Se possono innalzare subito il livello di assistenza antincendio bene, sennò dobbiamo atterrare altrove». In mezz’ora il volo India 2029 è pronto al decollo. E questa è già una gran bella cosa da vedere. Uomini molto qualificati ed esperti, efficienza militare collaudata, affiatamento, velocità di esecuzione. A qualunque ora del giorno e della notte. I mezzi tecnici e la manutenzione al massimo livello (gli uffici invece piuttosto malconci, i fondi scarseggiano). Ma lo spettacolo migliore è vedere come questa macchina militare si piega a un uso civile così delicato, come questi soldati volanti adattano la loro efficienza rapida e professionale al trasporto di passeggeri che hanno bisogno anche di altro: umanità, gentilezza, compassione. È un mondo maschile che non teme di mostrare delicatezza.

Tutto questo lavoro si alimenta e si arricchisce di contrasti. Aerei tecnologicamente avanzati e uffici disadorni. Poltrone in pelle, moquette, finta radica, maniglie dorate, il look obbligatorio di questi jet executive. E vestaglie, ciabatte, pigiami, pannolini, mutande, lenzuola verdi ciancicate: il look corrente della sofferenza. La corsa quotidiana contro il tempo, e i dieci minuti che un malato può impiegare a salire con fatica la scaletta. Marescialli in tuta di volo tappezzata di stemmi che porgono un bicchier d’acqua o una tazza di tè. Monitor fantascientifici e poveri fagotti di biancheria. Corpi atletici e addestrati, corpi piegati dalla malattia. Sulle barelle dei Falcon viaggiano bambini minuscoli e trasparenti, neonati chiusi in un’incubatrice, uomini privi di conoscenza, donne che non sono mai salite su un aereo in vita loro. I soldati volanti non si adeguano a questo mestiere per necessità e disciplina: ne sono entusiasti. «C’è per tutti una motivazione molto: forte», dice il maggiore Tortorella. «Ed è quella di avere uno scopo concreto, una missione utile, un risultato visibile. Siamo tutti piloti militari. Ma c’è una bella differenza fra l’addestramento continuo sui caccia e questo lavoro. In tempi di pace è una differenza di senso». È questa una nota costante (molto italiana, nel senso migliore) di tanti nostri reparti militari. «Di solito un reparto militare si addestra alla guerra», dice il tenente colonnello Giuseppe Gimondo, comandante del 31° Stormo. «Noi siamo un’anomalia. Il pronto impiego sanitario ci nobilita. Quando sono entrato in Aeronautica avevo timore di quando mi avrebbero ordinato di premere un grilletto. Fortuna ha voluto che finissi in un reparto dove questo problema non esiste. Mi sento profondamente pacifista, e credo lo siano tutti i militari».

Gimondo ci ha messo anche la sua passione per l’informatica. È lui che ha ideato il software con cui si gestisce l’attività dei voli. Ecco, per esempio, che un pomeriggio alle 15.15 arrivano insieme due task, due incarichi. Nella sala operativa del Boc sono di turno i marescialli Marcello Coppola e Fabio Latino. «Un Ipv da Foggia a Linate. Un altro paziente Olbia-Pisa». Ipv significa imminente pericolo di vita. Cliccano sullo schermo i nominativi degli equipaggi a disposizione. Il computer manda sms sui loro telefoni, e riceve la conferma. L’aereo di turno è un Falcon 900 Easy. La pista dell’aeroporto “Gino Lisa” di Foggia stavolta è troppo corta, il 900 è più pesante del 50. Il maggiore Michele Buccolo, prima di correre a cambiarsi, propone: «Se scaricate duemila libbre di carburante, possiamo provare. Poi ci riforniamo a Linate».

L’altra soluzione è l’aeroporto militare di Amendola, 15 chilometri da Foggia: «Dopo le 12 chiude, adesso vediamo se riescono a richiamare il personale per l’assistenza a terra». Decollo fissato alle 17, la macchina è partita. Contatti con gli aeroporti per le procedure antincendio. Preparazione dei piani di volo. Rapporti meteo da ritirare. Alle 16 arriva una terza richiesta: «Un altro Ipv Catania-Pisa». Da Olbia segnalano che per il paziente, candidato a un doppio trapianto reni-pancreas, attendere il Falcon da Linate sarebbe troppo tardi: gli organi scadono. «Sta per atterrare a Ciampino l’Airbus con il ministro degli Esteri da Belgrado. Potremmo mandare quello». Alla fine, un’altra soluzione: un elicottero da Olbia.

Intanto il Falcon 900 decolla verso l’aeroporto militare di Amendola: volo India 2244, precedenza assoluta come sempre. Trenta minuti di volo, atterraggio alle 17,30. Il maresciallo Giuseppe Caramia, assistente, ha preparato la barella. Il paziente si chiama Sergio Pignonica, “severo scompenso cardiaco refrattario a terapia”. È un uomo magrissimo, 41 anni, di mestiere portinaio. Salgono con lui il cardiologo Vincenzo De Lisi, l’infermiere Vincenzo Di Fiore. La moglie Assunta. Un’altra infermiera, che è la sorella gemella di Pignonica e si chiama Anna: «È successo tutto in un mese, l’hanno ricoverato per ischemia cerebrale, dovuta a problemi cardiaci. Non si riesce a stabilizzare, ecco la necessità del trapianto e l’urgenza del volo. Abbiamo contattato vari centri, il solo a dare la disponibilità è stato il Niguarda di Milano. Grandissimi professionisti».

Un’ora di volo fino a Linate, zona militare. I due marescialli Giuseppe Caramia ed Elio Frison si siedono a fare due chiacchiere coi passeggeri. A Linate mezz’ora di sosta: rifornimento di carburante, e di panini preparati dai colleghi. Poi via di nuovo verso Catania. Caramia distribuisce i panini e commenta: «Sapesse quanto è importante un sorriso, una battuta, una gentilezza in questi voli. Trasportiamo gente che sta male, che è agitata, che ha paura. E anche fra noi dell’equipaggio conta molto saper tenere un clima sereno. Ci facciamo certe nottate in giro…». Per i trapianti partono con l’équipe chirurgica dell’ospedale, che deve fare l’espianto. «A volte in pista ci sono tre o quattro aerei in attesa, il nostro e altri privati. Ognuno aspetta il suo organo. A volta torniamo con un cuore, e ripartiamo a prenderci un rene».

Il Falcon atterra a Catania alle 21.20: stavolta ai comandi c’è il capitano Daniele Rivalta. Alle 21.40 si decolla verso Pisa: chilometri 998, tempo previsto 1 ora e 18 minuti. La signora Maria Contarino, 47 anni, parte per un trapianto di rene e pancreas, il marito Isidoro l’accompagna: vengono da Fiumefreddo. «Mi aspettano entro le 23», dice lei. «Gli organi sono pronti. Devono solo fare il controllo di compatibilità. Se va bene, entro subito in camera operatoria. È un anno che aspetto, questa è la terza volta che ci chiamano. Due viaggi a vuoto, ma stavolta sembra che sarà quella buona». Il suo problema è un brutto diabete giovanile: «Mi ha già rovinato gli occhi, ma quelli li ho operati». Provano a scherzare, lei e il marito, perché una diabetica ha sposato un pasticciere. Alle 22.55 si atterra a Pisa, l’ambulanza è già pronta. Strette di mano, e buona fortuna. Cinque minuti, poi via verso Ciampino: «Fra mezz’ora siamo a casa. Se non arriva un’altra chiamata mentre siamo in volo».

Volo I-2029 pronto al decollo. Precedenza assoluta.ultima modifica: 2007-07-20T23:36:00+02:00da riccarda63
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