Aspetto l’alba. Questa notte è lunga di pensieri e bianca d’insonnia buia senza luna. Le altre dormono tutte, ma non mi rilassa neanche il silenzio perché la padrona russa a sbuffo come sempre nel suo letto esagerato.
Non si sta male qui nel portagioie, però manca la perla più anziana, la più grossa e
Appena giunta qui, orfana e sola, mi ritrovai incatenata ad altre come me e per fortuna c’era lei, la più grande e pregiata. Avevo perduto la mia ostrica, madre adottiva e culla amica, senza immaginare che fine avesse fatto. Fu una separazione improvvisa e orribile, così i primi giorni nel portagioie furono tristissimi per me, poi la perla anziana se ne accorse perché aveva già vissuto quell’esperienza e si offrì di starmi vicina in amicizia.
Ascoltavo rapita le sue parole ed anche la perla anziana ascoltò con attenzione il mio racconto di quando, diversi anni fa, ero una minuscola particella di sabbia sul fondo marino. Gironzolavo nel mare a lungo e a largo ballando con le correnti delle onde che mi mescolavano a miliardi di gemelle finché un’ondata più potente mi sollevò in una nuvola e dopo il turbinio d’acqua torbida e bollicine mi ritrovai di fronte ad una strana casa rotondeggiante. Le mura erano in stile rustico, come pietra grezza e ruvida. La porta si aprì e fui spinta dentro da un risucchio liquido.
La mia amica ostrica – scoprii in seguito – finì in un mare di guai e pioggia di limone, risucchiata in un gorgo bavoso e ingordo. La penso spesso con nostalgia raggomitolata qui nel portagioie, perché il suo ricordo non si è estinto, ma è immerso qui dentro di me.
Ho tante sorelle, un’intera serie, tutte infilate con me nel solito filo inerte. Stiamo insieme ed unite ovunque, sia qui che al collo della padrona, ma io soffro lo stesso di solitudine.
La perla anziana, per fortuna, mi ciondolava accanto quando, per la prima volta, fui costretta ad assistere impotente ad un’orrida strage di ostriche da parte della mia padrona. Non si è mai pentita di quel crimine perché troppo spesso si macchia di nuove cruente scorpacciate aspirando con labbra avide i piccoli cadaveri indifesi inondati di limone acido. Ogni volta che succede sono presente. È una tortura terribile per me, ma lei si passa la lingua sulle labbra prima di affogare tutto con sorsate di champagne e infine fa buttare i resti madreperlacei nella spazzatura.
Lei era così libera, non da allevamento e non da ristorante. Era libera. E chissà quante altre amicizie umide, nate nel tempo e nel silenzio sommerso, sono state distrutte per rubarne i frutti preziosi.
La mia padrona ha tante amiche, ossigenate, liftate, dentierate, tutte dorate e puntellate, poi ha un amico cane col pelo lussuoso guinzagliato col collare placcato, un obeso amico felino ozioso col passo sinuoso ed amici pennuti ergastolani condannati alla non libertà di volo fra sbarre lucenti. Vorrebbe tanto adottare un amico boa da mostrare alle amiche vipere durante i salotti striscianti fra pettegolezzi e tè, pasticcini e frasi osé, il bridge ed il caffè e le sorsate alticce dopo lo shopping di pellicce con collane di salsicce, e prima del trattamento antirughe con la crema di tartarughe.
Ostrica amica mia, ti penso sempre. Generosa hai regalato alla padrona una perla d’amica, ma sei stata tradita e lei, ingrata, t’ha uccisa. Solo il ricordo di noi mi darà la forza di restare qui nella mia ricca prigione e questa notte, briciola di tempo del mio lunghissimo destino, sveglia aspetto l’alba.