Punto e a capolinea – Lettera della tastiera

Punto e a capolinea - lettera della tastieraCiao file di testo,

ti scrivo mentre sono al capolinea ad aspettare l’autobus che è appena arrivato.

Cosa succede di solito al capolinea? Nelle storie normali può salire la A o scendere la Z. Le cose vanno così secondo la logica, ma qua al capolinea sale l’ABC, tanto per ricominciare da tre come diceva un indimenticato comico napoletano.

E visto che da qualche parte bisogna pur iniziare, la A oblitera la B del biglietto e la C, sfruttando il suo fattore omonimo, si accomoda nell’unico posto a sedere rimasto libero.

E poi? E poi si parte.

Resta seduta per poco perché alla fermata successiva sale una D rotondamente incinta e C le cede il suo posto.

Alla fermata dopo salgono due amiche. Si somigliano, ma una, la F, ha due braccia, e l’altra, la E, ne ha tre ed entrambe si aggrappano ad altrettanti appositi sostegni perché il conducente stamattina ha il singhiozzo all’apparato frenante.

Un’altra fermata e a bordo si aggiungono altri tre passeggeri, G, H e I. Strano tipo la G… fa la dura con H e la dolce con I. Chissà quali storie bizzarre ci saranno fra loro. Sugli autobus a volte se ne vedono e se ne sentono di tutti i colori e non è un luogo comune, ma una cosa comune in tutti i luoghi e in tutti gli autobus.

Alla fermata successiva sale la L su una sedia a rotelle. Non è per fare la rima, su queste cose non si scherza. La verità è che è nata con quella forma e da sempre può stare solo seduta. Qualche attimo in più di sosta l’aiuta a salire sul bus e poi si riparte finché alla fermata seguente salgono M e N, una coppia che non è frequente incontrare insieme, se non in caso di sequenza alfabetica, oppure di anamnesi e amniocentesi, o di sporadiche amnesie e rare amnistie.

La corsa continua e alla prossima fermata salgono due coppie. Una giovane composta da O, che è un tantino sovrappeso, e P con tutta la sua abbondanza di seno. L’altra è simile, ma molto più datata perché Q e R camminano col bastone, dettaglio che fa guadagnare loro un doppio posto a sedere senza bisogno di fattore C.

Altra fermata e sale S.

Scoliosi? No, è un sinuoso ballerino. Ha le cuffiette per ascoltare musica che si spara nelle orecchie a tutto volume e non sta fermo un momento! E mentre S balla sale T, probabilmente un giocatore di rugby o di pallacanestro, o un campione di nuoto. Con due spalle così è sicuramente uno sportivo.

Il bus rallenta a causa di un corteo di protesta e quando riesce ad arrivare alla fermata salgono due tipe, U e V, con le braccia ancora alzate dopo aver passato ore con cartelli e striscioni. Si agganciano agli appositi sostegni perché il conducente oltre al singhiozzo frenante sta manifestando pure sintomi di tosse accelerante.  Chi ha le mani occupate da buste della spesa, libri di scuola o valigette 24 ore rientra nella categoria dei soggetti a rischio e deve sottoporsi a un’accurata e attenta prevenzione anticaduta.

Alla fermata successiva sale un gruppo di stranieri, K, J, W, X e Y e il bus in un attimo si colora di multietnicità. È quasi pieno, ma ancora un po’ di posto c’è e alla fermata dopo una Z sta aspettando di salire. Appena a bordo esclama:

  • Eccomi! Scusate il ritardo, ma se non arrivassi ultima che Z sarei?

Dopo una risata collettiva la Z prosegue ad alta voce:

  • Ci siamo tutti?
  • Sììì! – è la risposta corale di tutti i passeggeri.

La corsa prosegue mentre a bordo iniziano a nascere relazioni fra persone e lettere, si formano sillabe, si articolano parole, si coordinano frasi che ognuno personalizza con proprie punteggiature, coniugazioni verbali, aggettivi, avverbi…

Si avvicina un’altra fermata. Una penna sta aspettando da un po’ e appena intravede l’autobus alza il tappino e sventola un foglio di carta per fargli cenno di fermarsi.

Si ferma, la porta si apre e la penna chiede:

  • Buongiorno, dove va questo autobus?

Il conducente si gira a guardare i passeggeri e le risponde:

  • A raccontare le storie di tutti i giorni, vuoi salire?

Ciao file di testo, mi farà piacere se questa mia lettera ti resterà in memoria.

Ora ci metto un punto. Anzi, punto e a capolinea.

Tu fammi sapere se ti è piaciuta così ti salvo lontano dal cestino.

Nel frattempo ti salutano anche carta e penna, ciao!

                                                                                                           La tastiera

Orripilazione

Non voleva solo nuotare, starnazzare, correre. Lei voleva scrivere!

Perché non era stupida come poteva sembrare.

Per caso si trovò davanti ad uno specchio rotto abbandonato in una discarica vicino alla palude, e osservò il suo corpo tozzo ricoperto di piume, la testa piccola sul collo lungo, il becco grosso, le zampe corte e palmate.

Si vide goffa e pesante, ma quando aprì le ali erano lunghe, slanciate e dotate di penne. Fu colta da un irrefrenabile raptus e se ne staccò una da sola, cacciando un urlo che fece vibrare la superficie dell’acqua paludosa.

Si sentì improvvisamente molto strana, ma incredibilmente con la penna nel becco poteva finalmente scrivere una storia. Avrebbe voluto scriverla in una giornata luminosa e serena, ma invece era già calata un’inquietante sera presagio di una notte buia e tempestosa che piombò minacciosa sulla palude.

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Senza perdersi d’animo, visto che il buio aveva annerito l’acqua vi intinse la penna pensando fosse inchiostro e poi nuotò dove l’acqua era illuminata dalla luna per scriverci sopra. Non ci riuscì perché quello che provava a scrivere si dissolveva subito sciogliendosi fra increspature sempre più alte fino a diventare onde mosse da un vento sempre più pauroso che addensava nuvole nere fino a spegnere la luna.

La tempesta trascinò il suo corpo che si perse nella palude. Non affogò perché sapeva nuotare, ma ondate, gorghi d’acqua e trombe d’aria la scaraventarono infine in un luogo sconosciuto.

Da lì si diramavano tre strade da cui poteva intravedere dei percorsi, ma non sapeva che sarebbero stati da incubo in una foresta spaventosa.

La prima portava verso un forno dove vide un corpo come il suo arrostito e fumante con le cosce infilzate da forchette e il petto trafitto da un coltello. Scappò appena in tempo per non fare la stessa fine.

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Provò la seconda strada, ma si ritrovò impantanata in una melma di foie gras e per poco non fu catturata per essere ingozzata fino a scoppiare. Scappando a zampe levate provò a correre nella terza strada che apparentemente sembrava essere la meno pericolosa perché era come un tappeto soffice e bianco, ma via via che si inoltrava nel sentiero sentì urla sempre più forti provenienti da corpi come il suo a cui venivano strappate le piume senza pietà.

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Sempre più in preda a brividi di terrore corse via più forte che poteva ma era sempre più buio, la foresta sempre più nera e… sbam! Andò a sbattere contro un albero e perse conoscenza, ma un attimo prima provò la terrificante sensazione di essere ormai spacciata, intrappolata nell’intreccio di quelle orrende strade.

Stramazzò nel buio e in un silenzio di tomba, presagio di una brutta fine in quella strana, stranissima notte.

Poi sentì cantare un gallo, abbaiare, miagolare, nitrire, cinguettare, grugnire, muggire, ragliare, ronzare.

Pensò di essere morta, chissà in quale orripilante modo che il suo ricordo aveva rimosso, e di essere già nell’aldilà degli animali.

Invece si svegliò viva nell’aia, con il suo corpo tozzo, la sua goffa andatura, una penna nel becco e… una pelle d’oca da paura!